Quest’anno voglio fare un esperimento, voglio fare un viaggio trekking ma che sia esplorativo e avventuroso sul serio. E’ da un anno che sogno di visitare il Lago Rara e il Lago Phoksundo, e nonostante siano lontani l’uno dall’altro, voglio vederli entrambi con un unico viaggio. Rara sta al limitare del distretto del Mugu, un’area del Nepal occidentale molto povera e basica dove, Jumla a parte che è un villaggio vero e proprio, esistono solo degli agglomerati di quattro o cinque case ogni tot ore di cammino, dove la gente vive di pura sussistenza con ciò che produce. Voglio fare un circuito intorno a questo lago e poi in qualche modo voglio arrivare da lì a Jhupal, nel distretto del Dolpo per poi spingermi a piedi fino alle rive del lago Phoksundo, in una regione selvaggia e aspra sulla via per Shey, area popolata da genti pre buddhiste, i Bonpo, genti che arrivano dal Tibet e che tutt’ora vivono migrando con le stagioni dagli alti altipiani desertici dell’Upper Dolpa fino alle profonde valli verdi del Lower Dolpa, portando su e giù per le montagne in transumanza le loro carovane di yak e le loro famiglie.
LA PARTENZA E I PRIMI GIORNI IN VALLE
Sono partita come sempre dall’ufficio un venerdì col il solito volo Qatar pieno zeppo e mi sono fatta 7 ore di scalo nel nuovo e lussuoso aeroporto di Doha, stupendomi sempre dell’ostentazione della ricchezza del mondo arabo.
Sabato 25 ottobre sono atterrata a Kathmandu verso le 19.45, un po’ in anticipo, ma col cielo già buio, con il cuore pieno di felicità. Finalmente di nuovo a casa. E per le 20.30 sono già uscita dall’aeroporto dove ho trovato Karna che mi aspetta con tanto di Khata benedetta e collana di garofani arancioni che ha prontamente subito messo attorno al mio collo in segno di benvenuto.
Sono arrivata troppo tardi, e non riesco quindi a vedere il Brahma, in compenso tutti gli altri sono lì ad aspettarmi. Mi faccio fare un tea con dei biscottini, chiacchiero coi ragazzi e poi vado a nanna presto dopo una bella doccia calda.
Il 26 mi sveglio verso le 9.00, fuori c’è foschia e dopo colazione, sotto i primi raggi del sole, finalmente incontro il mio adorato Brahma. Stiamo a chiacchierare nel chiostro verde mentre le bandiere di preghiera sventolano sopra il tetto del Planet e sopra di noi. Che pace e quanto amore ho per quest’uomo.
A pranzo arriva la truppa del Colonnello Gianmario dal Tibet e finalmente conosco questo gruppo di fedeli planetini. Sono davvero felice, perché è da anni che sento parlare di loro. Sono tutti infreddoliti ma con un gran sorriso stampato in fronte. Il Tibet è meraviglioso e ha lasciato il suo segno anche con questi viaggiatori, che me ne parlano entusiasti descrivendolo con tutti i suoi meravigliosi contrasti. Nel pomeriggio loro vanno a fare un giro a Bhaktapur e io decido di accompagnarli, sono tutti a caccia di Pashmine e Tangka. Fuori un po’ piove, un po’ no ma ripasseggiare nella mia Bhaktapur è sempre splendido e ce la spassiamo un sacco tra racconti di viaggio, battute e cultura. La sera cena al Planet tutti insieme. L’atmosfera qui è sempre bellissima, calda piena di gioia. Stiamo a ridere e scherzare tutta la sera.
27 Ottobre. Al mattino ancora nebbiolina. Dopo la canonica “doccia e capelli”, mi trovo in giardino col mio Brahmino. Stamattina ho appuntamento alle 12.30 in Thridevi Marg con Som, ma sono in ritardo. E’ già mezzogiorno e alle 13.00 dovrei trovarmi anche col Colonnello e la sua truppa per pranzo. Scendo a Bhaktapur in moto con Martin e cerco di recuperare un taxi, ma nulla da fare. Incontro invece Karna che mi da uno strappo fino a Thimi, lui sta accompagnando due signore francesi in giro in Valle. Da Thimi prendo un minivan per Kathmandu che mi molla più o meno alle 12.30 nei pressi di New Road. Sono in ritardo. Da qui per 200 rupie prendo un taxi per Thridevi Marg. Incontro Som più o meno verso le 13.00 davanti al Garden of Dream’s e andiamo a cercare dove è andato a pranzo il Colonnello. Per fortuna Giovanna mi manda un whatsup. Sono a Mandala Street all’Or2K, il ristorante medio orientale più noto di Kathmandu. Ci arriviamo verso le 13.30 e ci prendiamo delle falafel con uno squisito hummus e plain naan. Un mix di India e Medio Oriente da leccarsi i baffi. Stiamo con loro un’oretta, poi dopo un caffè alla Dolce Vita, devo scappare. Oggi devo incontrare Mr. Paudel, un amico di Patrizia che mi deve dare delle cose da portare a Jumla, alla scuolina della Eco Himal di Mitcha http://www.ecohimal.it/richieste.htm Paudel abita dietro il Dwarika vicino a Pashupathinath. Sto da lui più di un’ora. E’ carinissimo, mi da i suoi contatti a Nepalgunj per dormire e anche a Jumla per avere un portatore fidato. Ne io ne Som sappiano la strada, ne siamo mai stati in quelle regioni, abbiamo solo le indicazioni del Great Himalayan Trail, ma non conosciamo i luoghi dove stiamo per andare ad avventurarci. Infatti continuiamo a dirci: "We are two lost in the Himalaya". Paudel mi dice che per andare da Jumla a Jhupal non ci sono mezzi, e che molto probabilmente dovremo farcela a piedi o in volo. Non è sicuro dei tempi di percorrenza, dice che per buoni camminatori sono minimo 4 giorni. In effetti il Great Himalayan Trail riporta tappe da 30/35km al giorno per 4 giorni. Ma non ce la possiamo fare. Abbiamo troppo pochi giorni e dobbiamo trovare una alternativa. Ma lo vedremo lì, anche perché da qui non si può fare nulla.
Alle 16.00 lascio Paudel, lo ringrazio, e torno in Thamel per andare a trovare Tshiring Sherpa, che ha cercato di darmi una mano a capirci qualcosa nel programma che ho in mente. Anche lui dice che non ci sono mezzi tra Jumla e Jhupal, quindi o gambe o aereo. Io sto iniziando a preoccuparmi perché non ho alternative sensate. Lo so, devo armarmi di mentalità nepalese. Il tutto lo vedrò una volta sul posto. Bistare bistare ce la posso fare. Piano piano. Ogni cosa verrà da se.
Da Tshiring incontro Barbara, che sta per partire per il Tibet con il suo gruppo. Poi alle 17.00 chiamo Karna che per fortuna è ancora a Kathmandu e mi passa a prendere in Kantipath visto che è di passaggio. C’è un traffico apocalittico. Kathmandu ogni anno è sempre più caotica. Alle 18.30 sono al Planet e vado a prepararmi per la cena.
VERSO NEPALGUNJ
Il 28 ottobre al mattino sistemo le ultime cose e, dopo un’ottima pizza a pranzo col Brahmino, vado a Kathmandu da Paudel. Lui mi da le foto e le lettere da portare alla direttrice della scuola di Mitcha, Laxmi, e poi vado in aeroporto. Qui il mondo è piccolo. Incontro Alessandro, altro amico di Patrizia e mio contatto da almeno un anno su FB. A suo tempo mi cercò per delle foto in Africa...io che non sono africana, ma si vede che nel Karma stava scritto che ci si sarebbe prima o poi incontrati. E’ qui con un gruppo in partenza per un trekking in Lower Dolpa. Temerari. Chissà se li rivedrò ancora.
Arrivo a Nepalgunj che è sera. Non sono mai stata in questa città e mi appare un sacco desolata al limitare della foresta, una sorta di copia di Banepa ma in mezzo a una pianura calda e umida. Pare di stare in un’anonima città indiana. Così in mezza giornata mi sento catapultata in un altro mondo. Prendiamo un tuc tuc elettrico e arriviamo al Travellers Village. Questo hotel è un posto molto carino. Un’oasi nel nulla qui a Nepalgunj, con un bel giardino e un gruppo di case bianche ordinate che ospitano grandi camere spaziose e pulite. Ceniamo alle 19.30 dopo una bella doccia, poi stiamo sui lettoni a chiacchierare e si va a nanna presto.
VERSO JUMLA
Il 29 ottobre si parte per Jumla.
Dovrei avere il volo alle 11, ma la partenza viene ritardata di ora in ora. L’aeroporto di Nepalgunj è alquanto povero e vuoto. Starci così tanto tempo è una noia mortale. L’aereo alla fine parte nel pomeriggio e arrivo a Jumla verso le 16 con 35 minuti di volo molto emozionante su grandi colline verdi e monti a picco sul nulla. Sorvoliamo la foresta del Terai, la catena del Mahabharat e finalmente ci appaiono le prime vette dell’Himalaya occidentale coperte di neve. L’atterraggio è mozzafiato. Jumla è adagiata sul fondo di una valle ad imbuto, per cui l’aereo compie delle rocambolesche virate e si avvita facendo una spirale prima di atterrare sulla piccola pista dell’aeroporto di Jumla.
L’aria è frizzantina. I bagagli vengono scaricati sulla pista che è recintata da filo spinato. Oltre il cancello ci sono molte persone che aspettano sulla strada sterrata. Mi vengono a prendere il capo villaggio, Chautan Kumar, e Laxmi, la direttrice della scuola di Mitcha. Jumla appare un po’ far west e in realtà lo è, ma del Nepal. A un occhio superficiale può sembrare come uno dei tanti villaggioni di montagna, tipo Jomsom per capirci, ma in realtà è ben diverso e molto meno ricettivo. Non ci sono localini, ne Backery, solo locande locali molto basiche e in tutto il paese ci sono solo due guest house. Passeggiamo tra gli sguardi curiosi della gente del posto, si capisce subito che qui di turismo non ne vedono. Gli unici occidentali che bazzicano qui sono due o tre anime che vengono a controllare i progressi o i regressi dei progetti di aiuto alla popolazione di questa, che è una delle aree più remote e più povere del Nepal. Due donne ci invitano in una locanda a prendere un tea con dei dolcetti croccanti fritti a forma triangolare che sembrano quelli che facciamo in Italia per carnevale. Fuori oramai è buio. Torniamo indietro. Passiamo la notte al Greenland lodge che è la locanda del capo villaggio, un lodge decisamente basico e polveroso, dove però per fortuna c’è la corrente elettrica: “it’s so different from Khumbu, mero Didi” mi dice Som.
Qui il telefono un po’ prende un po’ no. Iniziamo ad essere isolati dal mondo finalmente.
30 ottobre JUMLA (2540m) – NAURI GHAT (2755m) 1° GIORNO DI TREKKING 8 ore di cammino con dislivello in delta di 1200m
Ci alziamo verso le 7.00 e giù in cortile c’è già
un gran via vai di gente. Qui macellano
le capre e le pecore e quindi gli abitanti di Jumla vengono ad acquistare la
carne. La terra è tutta rossa intrisa di sangue e su un tavolo ci sono otto
zampe di capra in bella mostra. Sono tutti impegnati a supervisionare questo
mercato delle carni e nessuno ha il tempo di farci la colazione. Conosciamo Ram
Sing Nepali, il ragazzo che ci farà da portatore. E’ già stato due o tre volte
al Rara e conosce il sentiero, ma non è abituato a trattare con occidentali, è
un sacco impacciato e timido. A me sembra un bambino. Alla fine partiamo molto
tardi. Sono le 9.15. Attraversiamo Jumla e prendiamo il sentiero che sale verso
la scuola del villaggio. Incontriamo Laxmi che ci accompagna per un po’
raccontandoci del progetto/scuola di Mitcha e degli enormi sforzi che stanno
facendo lei e i suoi insegnanti locali, supportati da Patrizia e Paudel e dai
fondi che arrivano dall’Italia, per cercare di educare i bambini e le genti di
queste zone. Qui è tutto molto difficile e le condizioni di vita delle fasce
svantaggiate sono davvero dure. C’è elevata mortalità infantile e l’aspettativa
di vita media è piuttosto bassa, per lo più a causa della scarsa igiene e dell’acqua
contaminata, ma anche a causa di credenze e usi locali che non aiutano per
niente a facilitare le cose. Qui le donne sono ancora considerate ai margini
della società, svolgono i lavori più duri e umili e sono vittime di
superstizioni, credenze e discriminazioni di ogni sorta. Il ciclo mestruale, è
ancora legato a un aspetto demoniaco e impuro del ciclo della vita e le donne
per questo sono isolate come streghe e rinchiuse nei pollai durante i loro
giorni. Questo accade spesso anche nei primi 40 giorni dopo il parto, quando le
emorragie sono ancora presenti, con tutto ciò che questo poi comporta, per
la vita della madre e del neonato. Qui c’è davvero molto lavoro da fare per
educare alla base queste persone a una vita dignitosa. E Laxmi ci racconta
tutto nei minimi dettagli.
Comperiamo un chilo di mele da una signora che le
vende sul ciglio della strada. Dicono che le mele di Jumla siano le più dolci e
buone del Nepal. In realtà sono sì dolci e buone, ma le nostre Golden della Val
di Non sono irraggiungibili. In ogni caso mi accontento di buon grado. Lasciamo
Laxmi e la ringraziamo per la compagnia e gli aiuti che ci ha dato, e ci
incamminiamo in salita. Il sentiero attraversa una bella foresta di pini e poi
sale pian piano fino a un altopiano che pare simile a quelli svizzeri, ci
mancano solo le vacche pezzate. Arriviamo a Chauriy Chaur (3.055m) alle 12.50 e
ci fermiamo nel rifugio/locanda che c’è. In realtà è l’unica casa presente e
l’ultima prima del passo. Quindi o ci si ferma qui o ci si ferma qui, non si
hanno alternative. Qui ci sono tre donne Chhetri molto belle. Portano abiti
tradizionali e un vistoso orecchino d’oro alla narice sinistra del naso. Due
partono con la schiena carica di un sacco di patate da 60kg ciascuna e la terza
resta a cucinare il pranzo per noi. Un ottimo dhal bhat con curry di patate. Qui
non esistono sedie, si sta seduti a terra o su tavolette di legno e ovviamente
non ci sono neanche tavoli. In Nepalese la parola tavolo non esiste, proprio
perché appunto, in teoria nel grosso del Nepal tradizionale non lo usano.



31 ottobre NAURI GHAT (2755m) - ARUKHADA (2600m circa), 2° GIORNO DI TREKKING 6 ore di cammino con 750m di dislivello in delta
Ci alziamo alle 7.00, fa bel freschetto e anche
qui sono molto lenti per la colazione. Devono impastare il chapati e cuocerlo, poi
friggono due omelette, con calma, e io mi ripeto sempre: “Bistare bistare ce la
possiamo fare”.





1 novembre ARUKHADA (2600m circa) - CHHAPRI (3010m) 3° GIORNO DI TREKKING 5 ore e mezza di cammino


In un’ora e mezza, su una strada sterrata che va su e giù, arriviamo al fiume Jhyari Khola, dove ci sono tre case. Sono le 10.30 e ci fermiamo per pranzo qui perché poi fino a Rara Lake non ci sarà più nessuna locanda. Anche qui ci fanno noodles cinesi liofilizzati e mangiamo fuori al sole seduti su delle sedie di plastica. Ci sembra un miraggio vedere delle sedie. E qui veniamo circondati dalla gente del posto che è curiosa di vedere una occidentale da sola con due nepalesi che cammina da queste parti. Passano parecchie donne con carichi di frasche impressionanti sulle loro schiene. Sono tanto grandi che da dietro spuntano solo le caviglie e i piedi.

Riprendiamo il cammino verso le 11.30. Dopo una grossa curva che costeggia la valle, lasciamo la strada sterrata, per inerpicarci insieme a delle contadine e ai loro figli su un sentiero ripidissimo che ci porta a Jhyari, un villaggio Takhauri e Chhetri dove giungiamo alle 12.30.






2 novembre CHHAPRI (3010 m) - TALCHA (2699m) 4° GIORNO DI TREKKING 2 ore e mezza di cammino


Ieri sera ci siamo consultati sul da farsi con i locali e con le due coppie di trekkers nepalesi . Da Rara noi dobbiamo andare a Jhupal e da lì fino a Phoksundo, e abbiamo solo 9 giorni a disposizione fino al volo di rientro che da Jhupal ci porterà a Nepalgunj il 12 novembre alle 7 del mattino. Tenendo conto che per fare il trek intorno al Phoksundo ci vogliono 6 giorni, per la tratta da Rara a Jhupal abbiamo solo 3 giorni di tempo. A piedi è infattibile a meno che non si facciano tappe da 35/40 km al giorno, e a mio avviso non è decisamente alla mia portata anche perché i dislivelli da affrontare giornalmente sono in delta di almeno 1.000/1.200 metri, in quanto vi sono alcuni passi da valicare e io non ho intenzione di correre o di fare un tour de force. Non ci sono neanche mezzi via terra per arrivarci. La jeep arriva solo fino a Jumla e ci impiega 36 ore, e da lì si deve comunque proseguire a piedi. Il consiglio che ci hanno dato, la cosa più sensata da fare, è prendere un volo da Talcha a Nepalgunj l’indomani e il giorno successivo volare su Jhupal. Tutto ciò sempre se ci sono i voli. Così facendo abbiamo 7 giorni di tempo da dedicare al trekking in Dolpo, potendolo fare con più calma. La cosa fatta così ha senso. Quindi oggi andiamo a Talcha.


Saliamo su al primo piano a vedere le camere. La nostra stanza è molto grande con tre lettoni uniti insieme con materassi sottili, ma pur sempre materassi , e con la corrente elettrica disponibile per ricaricare i nostri telefoni e le batterie della macchina fotografica.


3 novembre GIORNO DI TRASPERIMENTO, volo per
SURKHET (40 min) bus per NEPALGUNJ 6 ore




Infatti dopo una mezz’ora di tragitto su sterrato in mezzo alla
foresta tropicale, in una curva, un bus di linea ci prende in pieno frontale.
Per fortuna non si sarà andati a neanche 30 all’ora e il bus forse anche a
meno. Sta di fatto che il muso del nostro minivan è distrutto. Per fortuna
nessuno di noi, ne sul bus nessun altro, si è fatto nulla di che. Siamo
fortunati. Io rientro in me e mi esce un commentaccio: “la vostra vita quindi
non vale i 10 dollari del pick up che potevamo prendere vero?”
Poi chiedo scusa, so come sono fatti i nepalesi. E’ inutile ogni commento. Ho sbagliato io. Avrei dovuto far di testa mia e non essere superficiale e prendere il pick up, inutile fare commenti ora davvero. In ogni caso ci è andata bene.
Poi chiedo scusa, so come sono fatti i nepalesi. E’ inutile ogni commento. Ho sbagliato io. Avrei dovuto far di testa mia e non essere superficiale e prendere il pick up, inutile fare commenti ora davvero. In ogni caso ci è andata bene.
Arriva la polizia stradale, c’è una folla di gente
in mezzo alla strada che man mano diminuisce perché ognuno prende il primo
mezzo che trova per continuare il viaggio. In questi casi in Nepal paga la
compagnia di bus ed è il padrone che va nelle rogne, non l’autista del bus che
ci è venuto addosso e che era in contromano. Vabbè in ogni caso stiamo fino alle
16.30 bloccati sulla strada nella polvere, in attesa che arrivi un bus pubblico
che vada verso Nepalgunj. Finalmente un grosso bus ci carica. Prima mi accomodo
di fianco all’autista, poi trovo posto in fondo con Som. Il viaggio è lungo, in
una strada molto brutta e pericolosa, inoltre restiamo bloccati per quasi 40
minuti nel mezzo del Bardhia National Park per dei controlli da parte della
polizia che ispeziona la lunga fila di bus che passano di lì in modo maniacale.
Quindi altro che solo 2 ore di bus per Nepalgunj. In tanto telefoniamo al
Travellers Village, dove speriamo di poter passare la notte, ma è tutto full
booked, chiediamo quindi di darci l’indirizzo di qualche altra guest house o
hotel dove poter andare a dormire, in modo da arrivare a Nepalgunj già con una
meta e non dover girare ancora come due trottole anche per cercar da dormire.
Alle 19.45 cambiamo bus in una stazione di una cittadina del Terai e alle
20.30, nel buio pesto, finalmente strilliamo all’autista di fermarsi. Noi siamo
arrivati al Siddartha. Siamo un po’ stanchi e molto impolverati. Questo posto è
un grosso hotel indiano, un gran casermone, le stanze però hanno tutti i
comfort. Ci facciamo una bella doccia calda, ceniamo in pace e poi ci
accoccoliamo a nanna. Che giornata.
4 novembre IN ATTESA
Ci alziamo prestissimo, è ancora buio, prendiamo il primo tuk tuk e ci presentiamo in aeroporto alle 6.30 nel tentativo di prendere il primo volo disponibile per Jhupal. Ma non c’è verso.
4 novembre IN ATTESA
Ci alziamo prestissimo, è ancora buio, prendiamo il primo tuk tuk e ci presentiamo in aeroporto alle 6.30 nel tentativo di prendere il primo volo disponibile per Jhupal. Ma non c’è verso.
Oggi non vola
nulla, tutto fermo perché su c’è troppo vento. Verso l’ora di pranzo, ci
rassegniamo, prendiamo il nostro saccone e usciamo. Ci fermiamo all’Himali
Guest House, che sta appena fuori dai cancelli dell’aeroporto e che per le 13.00
avrà libera una stanza dove poterci alloggiare. Pranziamo. Dopo una mezz’ora di
pennica decidiamo annoiati di uscire. Non c’è granché e, visto che l’aspetto
desolante della città non ci attira per nulla, decidiamo di farci una camminata
in campagna. Passeggiamo per circa tre ore nei campi e nelle stradine di
campagna della periferia di Nepalgunj. Io e Som insieme come sempre stiamo le
ore a parlarci senza neanche renderci conto del tempo che passa. Qui non c’è
nulla a parte qualche casetta e i campi coltivati sono molto pochi. Qui non
abita molta gente e crediamo che più nessuno abbia voglia di lavorare come
contadino queste terre. Molti emigrano in India o si trasferiscono a Kathmandu
in cerca di miglior fortuna. Davvero a Nepalgunj non c’è proprio più nulla.
Torniamo e ci facciamo due o tre spiedini di montone e dei noodles per cena. Siamo seccati di aver buttato via una giornata così. Ma non avevamo alternative.
5 novembre JHUPAL (2475m) - CHHEPKA (2720m) con volo di 50 minuti, 1° GIORNO DI TREKKING 7 ore di cammino
Torniamo e ci facciamo due o tre spiedini di montone e dei noodles per cena. Siamo seccati di aver buttato via una giornata così. Ma non avevamo alternative.
5 novembre JHUPAL (2475m) - CHHEPKA (2720m) con volo di 50 minuti, 1° GIORNO DI TREKKING 7 ore di cammino
Anche stamattina ci svegliamo col buio alle 5.30.
Andiamo in aeroporto e finalmente alle 6.30 riusciamo a decollare. Alle 7.30 atterriamo
nella piccola pista sterrata di Jhupal dopo aver accarezzato le montagne ancora
una volta con le piccole ali del nostro twin otter. Raccogliamo i nostri
bagagli dalla pista facciamo conoscenza col gestore del Tripura Lodge dove, una
volta lì, ci facciamo una bella colazione in attesa che lui ci trovi un
portatore che ci accompagni sulla via per il Phoksundo. Anche qui, ne io ne Som
sappiamo la via, se non basandoci sulle nostre mappe, quindi ci sarà utile un
esperto compagno di trekking. Verso le 8.00 ci presenta Narendra Magar, un portatore
cuoco con 9 anni di esperienza in
trekking e grandi traversate. Ha fatto collegamenti Dolpa/Mustang, e
Dolpa/Annapurna Circuit e numerose salite a peaks minori di oltre 6000 metri.
Parla un inglese più che discreto e pare essere un portatore decisamente di
livello sopra la media.
Partiamo alle 8.45 e attraversiamo Jhupal in discesa sui suoi scalini. E’ un paesino molto grazioso, abbarbicato su questo colle a poco meno di 2500 metri di altezza. Pare essere un luogo vivace: ci sono guest houses e scorgiamo due gruppi di occidentali alle prese con dei kayak in un cortile.

Partiamo alle 8.45 e attraversiamo Jhupal in discesa sui suoi scalini. E’ un paesino molto grazioso, abbarbicato su questo colle a poco meno di 2500 metri di altezza. Pare essere un luogo vivace: ci sono guest houses e scorgiamo due gruppi di occidentali alle prese con dei kayak in un cortile.
Usciti dal villaggio la discesa ripida ci porta ad alcuni
campi coltivati fino a giungere alle 10.30, costeggiando il fiume Suli Khola,
al villaggino di Rupgard (2070m). Ci fermiamo di già e ci mettiamo a giocare
una bella partita di pallone con un bimbo nello spazio dove c’è il camp site.
Qui scorgo il primo chorten Bonpo del trekking. Salgo a vederlo più da vicino e
noto essere uguale a tanti altri visti, con le offerte, gli incensi e tutto il
resto come da manuale. Decidiamo di pranzare qui. Ripartiamo alle 12.15 e
arriviamo a Sulighat (2282m) al check post alle 12.45. Qui c’è una casetta
piena di vecchi depliants impolveratissimi sul Dolpo. Prendo il ticket per il Phoksundo
e Shey National Park e riprendiamo il cammino. Verso le 13.00 attraversiamo il
Bhim Bridge, il ponte più lungo della zona, 90 metri, che segna l’ingresso
nell’area protetta del Parco di Shey e Phoksundo.
Da qui, costeggiata una
caserma si passa su un piccolo ponticello di legno e poi in lieve su e giù si
arriva al piccolo abitato di Kageni a 2400m dove giungiamo verso le 14.10. Qui
c’è una guest house dove c’è una vecchia conoscenza di Narendra e ci fermiamo a
bere un ottimo kalo chya, il tea nero che tanto si usa bere in Himalaya. Qui
ogni guest house ha un camp site, uno spiazzo molto grande e verde con bagni in
muratura adibito a ospitare le tende degli escursionisti che vengono a far
trekking da queste parti. Rispetto al Mugu, qui nella Dolpa sono un sacco più
avanti e molto più ricettivi. Si vede che qui passano gruppi di persone e di
trekkers occidentali. La gente è più abituata a vederci e non ha tutta la
curiosità che ho visto negli occhi delle popolazioni del Mugu.
Ripartiamo alle
14.40 e dopo aver attraversato varie volte il fiume Phoksundo Khola, in cima a
una salita immersi nella foresta di questa stretta valle abitata da pini,
cipressi, bamboo e ginepri, alle 16.15 arriviamo a Sanghta che non è altro che una
casa con una tettoia per sosta di fortuna. Ci fermiamo un quarto d’ora a
sgranocchiare cioccolato e con gran sorpresa alle 17 arriviamo a Chhepka
(2720m) allo Yak Hotel. Pensavamo fosse molto più distante. Lo Yak Hotel sta
dal lato opposto della strada rispetto alla casa dove si mangia, le stanze sono
al piano superiore, c’è luce elettrica e i letti sono delle casse ripiene di
riso con dei buoni materassi sopra. La nostra stanza è tappezzata di poster di
attori di Bollywood. Il bagno è all’esterno nel Camp Site. A me sto posto pare
un sacco carino. Facciamo conoscenza con la famiglia. Le donne sono intente a
pulire le patate e le zucche per la cena.
Anche durante questo viaggio ho avuto la bella opportunità di stare a stretto contatto con la popolazione locale e sta volta forse ancora di più, non essendoci altri western in giro, ho potuto stare con i Nepalesi proprio costantemente. In cucina quindi oltre a imparare parole nuove e a chiacchierare ho potuto partecipare anche all’economia domestica delle case che mi ospitavano. Ho seguito passo dopo passo come si fa a fare un dhal bhat come Dio comanda e un curry di patate e zucca buonissimo. Ora potrei essere una provetta cuoca nepalese. Stasera per cena dhal bhat, per non smentirsi mai, anche qui come nel Khumbu o in Annapurna vale il detto: “dhal bhat power for twenty four hour”.
6 novembre CHHEPKA (2720m) - CHUNUWAR (3100m) 2° GIORNO DI TREKKING 5 ore di cammino
Anche durante questo viaggio ho avuto la bella opportunità di stare a stretto contatto con la popolazione locale e sta volta forse ancora di più, non essendoci altri western in giro, ho potuto stare con i Nepalesi proprio costantemente. In cucina quindi oltre a imparare parole nuove e a chiacchierare ho potuto partecipare anche all’economia domestica delle case che mi ospitavano. Ho seguito passo dopo passo come si fa a fare un dhal bhat come Dio comanda e un curry di patate e zucca buonissimo. Ora potrei essere una provetta cuoca nepalese. Stasera per cena dhal bhat, per non smentirsi mai, anche qui come nel Khumbu o in Annapurna vale il detto: “dhal bhat power for twenty four hour”.
6 novembre CHHEPKA (2720m) - CHUNUWAR (3100m) 2° GIORNO DI TREKKING 5 ore di cammino
Partiamo con calma alle 9.00.
Con grossi saliscendi ci si addentra in una stretta valle profonda creata dal Pokhsundo Khola, che si sta seguendo nel cammino. Da entrambe le parti rocce sormontate da pinete torreggiano sul sentiero che va su e giù rispetto al fiume e lo attraversa varie volte su ponti di legno. Dopo l’ennesima salita e discesa bella ripida arriviamo a Renchi a 3010m alle 12.45. Dove rimaniamo fermi fino alle 14.30. L’aria è calda e riesco a stare in canottiera a prendere un po’ di sole. Riprendiamo il cammino e dopo circa 50 minuti (camminando a destra del fiume) la via si fa più larga, ci sono altri ponti ma non vanno attraversati e si deve continuare sul largo sentiero che ritornerà stretto in 20 minuti.
Con grossi saliscendi ci si addentra in una stretta valle profonda creata dal Pokhsundo Khola, che si sta seguendo nel cammino. Da entrambe le parti rocce sormontate da pinete torreggiano sul sentiero che va su e giù rispetto al fiume e lo attraversa varie volte su ponti di legno. Dopo l’ennesima salita e discesa bella ripida arriviamo a Renchi a 3010m alle 12.45. Dove rimaniamo fermi fino alle 14.30. L’aria è calda e riesco a stare in canottiera a prendere un po’ di sole. Riprendiamo il cammino e dopo circa 50 minuti (camminando a destra del fiume) la via si fa più larga, ci sono altri ponti ma non vanno attraversati e si deve continuare sul largo sentiero che ritornerà stretto in 20 minuti.
Si
passa poi da una scuola a 3123m e poi, dopo poco, si arriva a Chunuwar alle
15.45. Stiamo allo Jharana Lodge che ha camere al piano di sopra con letti
decenti e luce elettrica, ma abbiamo il vetro della finestra rotto. Pazienza. Il
bagno è al pian terreno all’esterno, appena giù dalle scale. Prima di fermarsi al
Jharana è carino far visita all’Amchi Hospital. E’ una clinica dove opera un
Amchi, un dottore di medicina tradizionale tibetana Bonpo, di solito è un monaco,
un Lama e a lui fa riferimento tutta la popolazione del circondario, che lo
preferisce di certo ai medici classici. La medicina tibetana ha una tradizione
millenaria, quando era aperto ero stata all’Tibetan Hospital di Drepung a Lhasa
ed era stato illuminante.
Questa medicina usa tecniche come l’analisi dei polsi
(con polsi intendo i punti di repere corporei dove si avverte il battito
arterioso) e l’analisi delle urine, per la diagnosi. Come trattamenti
utilizzano medicine fatte con le erbe, ossa di animali, minerali associati a
terapie fisiche come l’agopuntura. In questo Ospedale, se lo si trova aperto,
si possono vedere tutte le erbe e i
minerali usati per la cura delle persone.
Passo il resto della serata in cucina.
Passo il resto della serata in cucina.
C’è un
gruppo di 6 Cechi e Slovacchi che è di ritorno da un Upper Dolpa Trekking non
concluso. Due di loro hanno avuto gravi problemi di dissenteria e uno di mal di
montagna acuto, e ora stanno tornando verso Dunai e Juphal pian pianino. Loro
hanno piantato le tende nel camp site e ora stiamo chiacchierando tutti insieme
come è buona abitudine durante i trekking. Dopo cena verso le 20.00 usciamo
tutti. Ripetuti ruggiti vengono dalla foresta. Qualcuno azzarda: “there’s a
snow leopard?” ma è più semplicemente uno spaventatissimo wild cat, una sorta
di lince himalayana, uno splendido esemplare i cui occhi luccicano alla luce
delle nostre torce. Andiamo in stanzetta verso le 21.30, con il venticello in
stanza. Som mi abbraccia forte forte per una decina di minuti per trovare un
po’ di tepore prima di dormire, poi ci mettiamo a nanna.
7 novembre CHUNUWAR (3100m) - RIGMO (3641m) 3° GIORNO DI TREKKING 2 ore e 45 di cammino
7 novembre CHUNUWAR (3100m) - RIGMO (3641m) 3° GIORNO DI TREKKING 2 ore e 45 di cammino
Al mattino fa molto
freddo e la fontana fuori dalla guest house ha l’acqua ghiacciata. In casa non
ci sono uova quindi ci accontentiamo di far colazione con chapati appena fatto
e marmellata. Partenza alle 9. Non riesco a camminare solo con la maglia di
cotone e devo mettermi per forza la giacca di pile windstopper. Per terra il
sentiero è duro dal freddo, tutto ghiacciato con i fili di erba gialli
cristallizzati dalla brina. Da qui il sentiero diventa sabbioso e inizia a
salire in un ambiente desertico macchiato solo da qualche cespuglio. Il percorso
prima è in falso piano poi in salita bella ripida. Alle 11.00 arriviamo al view
point su una bellissima cascata, la Suligad waterfall, che coi suoi 167 metri è
la più alta del Nepal. Ci rimuoviamo alle 11.45 e dopo 5 minuti finalmente si
ha la prima bella visuale sul lago Phoksundo dove ci fermiamo a seguire con lo
sguardo una coppia di manguste che si arrampica sulle rocce. Arriviamo al passo
a 3727m dopo gli ultimi 100 metri di dislivello, poi il sentiero scende lievemente
e si apre sulla Valle di Rigmo che ci accoglie coi primi Chorten Bonpo. Alle 12.30 siamo a Rigmo (3641m). Dietro
Ringmo i monti dell’Himalaya coperti di neve si stagliano all’orizzonte: Norbung
Kang (6085 m), Byas Risi (5416 m) e Kang Tokal (6294 m).
Ci fermiamo allo Sherpa Hotel and Lodge. Qui pranziamo.
Ci fermiamo allo Sherpa Hotel and Lodge. Qui pranziamo.
Rigmo è un villaggio carinissimo. Qui la gente
pratica la religione prebuddhista Bon che è stata fondata più di 18000 anni fa
dal Buddha Tonpa Shenrab Miwo. Si crede che la Dolpa fosse il centro del Regno
Bon, chiamato Zhang Zhung, un grande e potente regno che copriva le regioni Ovest
e Nord Ovest del Tibet, ed è per questo che nella Dolpa c’è ancora oggi una
gran concentrazione di Bonpo (Gente Bon). Nel VII secolo lo Zhang Zhung fu
destituito dal regno Buddhista del Tibet e i Bonpo sono andati man mano
scomparendo (in Tibet sono molto rari, anche se molto della religione Bon è
stato assorbito del Buddhismo Tibetano).
La religione Bon, è più vicina all’animismo oltre che al Buddhismo Tibetano, è tuttavia difficile da distinguere da quest’ultima per un profano. Per vedere alcune differenze basta fare caso ad esempio al modo in cui essi sui avvicinano ai loro luoghi sacri, ai chorten, ai muro mani, per capire che il loro approccio è diverso, a partire dal fatto che ci girano attorno in senso antiorario, quando invece i Buddhisti lo fanno in senso orario, anche i loro abiti sono diversi.
La religione Bon, è più vicina all’animismo oltre che al Buddhismo Tibetano, è tuttavia difficile da distinguere da quest’ultima per un profano. Per vedere alcune differenze basta fare caso ad esempio al modo in cui essi sui avvicinano ai loro luoghi sacri, ai chorten, ai muro mani, per capire che il loro approccio è diverso, a partire dal fatto che ci girano attorno in senso antiorario, quando invece i Buddhisti lo fanno in senso orario, anche i loro abiti sono diversi.
Comunque tornando al mio itinerario a
Rigmo si trovano finalmente anche molti prodotti artigianali fatti a mano. Le
donne qui usano il telaio e producono cinture, borse, stole e coperte fatte di
lana di yak, che non è poi così comune trovare altrove. Ci sono dei negozietti
che vendono questi prodotti e anche altro, tipo biscotti, e il tutto aiuta la
microeconomia locale. Le donne stanno a cucire e tessere fuori dagli usci delle
case, ed è uno spettacolo unico a cui assistere con umiltà.
Rigmo sta sulle rive del lago e il panorama qui, come detto sopra, è spettacolare. Mentre Narendra si riposa giocando a biliardo, io e Som decidiamo di andare a vedere il lago da vicino e ci incamminiamo nei vicoli di questo meraviglioso villaggio Bon verso la riva del lago. Qui scorgiamo un altro bel camp site. Proprio in un promontorio sopra il lago. Una posizione invidiabile. Andiamo a vedere e subito ci si riconosce, sono il gruppo del Lower Dolpo che avevamo incontrato all’aeroporto. Due di loro ci vengono incontro: “la ragazza e il nepalese!” esclamano: “Come state?” E’ bello rincontrarsi, così sperduti in HImalaya. Anche qui il mondo è piccolo e il karma porta sempre buoni incontri. Queste due donne ci raccontano di un trek molto bello, ma luoghi desolati e duri, asserragliati da un freddo ghiacciato costante. Io racconto del Mugu e delle sue dure condizioni di vita. Una di loro è Buddhista ed è affascinata dal Dolpo e dai culti Bon e quasi si commuove ad ascoltare i miei racconti. Chiedo dove sia Alessandro, il loro leader. E’ perso al Gompa Bon con la sua inseparabile telecamera. Infatti qui c’è un bel monastero Bonpo da visitare dove si può vedere una statua del fondatore della religione Bon: Tonpa Shenrab Miwo.
Rigmo sta sulle rive del lago e il panorama qui, come detto sopra, è spettacolare. Mentre Narendra si riposa giocando a biliardo, io e Som decidiamo di andare a vedere il lago da vicino e ci incamminiamo nei vicoli di questo meraviglioso villaggio Bon verso la riva del lago. Qui scorgiamo un altro bel camp site. Proprio in un promontorio sopra il lago. Una posizione invidiabile. Andiamo a vedere e subito ci si riconosce, sono il gruppo del Lower Dolpo che avevamo incontrato all’aeroporto. Due di loro ci vengono incontro: “la ragazza e il nepalese!” esclamano: “Come state?” E’ bello rincontrarsi, così sperduti in HImalaya. Anche qui il mondo è piccolo e il karma porta sempre buoni incontri. Queste due donne ci raccontano di un trek molto bello, ma luoghi desolati e duri, asserragliati da un freddo ghiacciato costante. Io racconto del Mugu e delle sue dure condizioni di vita. Una di loro è Buddhista ed è affascinata dal Dolpo e dai culti Bon e quasi si commuove ad ascoltare i miei racconti. Chiedo dove sia Alessandro, il loro leader. E’ perso al Gompa Bon con la sua inseparabile telecamera. Infatti qui c’è un bel monastero Bonpo da visitare dove si può vedere una statua del fondatore della religione Bon: Tonpa Shenrab Miwo.
Da qui se si ha tempo o voglia, si può fare parte
della Demon Trail, quella via attraversata dalla carovana di yak di Tinlè
raccontata nel film “Himalaya, l’Infanzia di un Capo” di Eric Valli (in inglese
Caravan). Il Film racconta la vita di una comunità di Dolpopa, dedita al
commercio e scambio di tsampa e sale col Tibet con le carovane di Yak. Nel film
uno yak, mentre percorre la via dei demoni, cade nel Phoksundo Lake, proprio
nel tratto che si può visitare da Rigmo. Questa via è molto esposta ma spettacolare
a strapiombo sul lago e la vediamo bene proprio qui dal camp site. Tra l’altro
non possiamo credere ai nostri occhi. Una carovana di Yak sta scendendo dalla
montagna proprio in questo momento, nel silenzio più assoluto, si sentono solo
i grevi passi dei possenti animali che fanno scricchiolare i grossi massi del
sentiero sotto di loro. Uno spettacolo commovente. Mi sembra di essere proprio
sul set del film Caravan.
Io e Som ci incamminiamo intorno al lago, che ha dei
riflessi blu cobalto di una bellezza indescrivibile. Il sentiero percorre il
limitare della pineta e andiamo verso il Gompa Bon. Quando arriviamo è tutto
chiuso e non vi è neanche un monaco, ma risulta spettacolare comunque, con
tutta la fila di chorten in riva al lago. Questo luogo ha un’atmosfera
suggestiva che si perde nella notte dei tempi. Io e Som siamo in infradito coi
calzettoni, come due giapponesi. Quando il sole cala, scende giù un freddo
indescrivibile e tutto il sentiero si copre di cristalli di ghiaccio. Nei punti
più a nord per terra c’è ancora la neve. Ci abbracciamo felici e torniamo verso
il campo a salutare le due trekkers. Poi sgambettiamo fino alla nostra Guest
House. Io devo coprirmi di più.
Messi i pantaloni di pile, i calzettoni pesanti e il
piumino mi sento decisamente meglio. La mamma Bon sta preparando il dhal bhat
per la cena, in tanto in casa c’è movimento. Ci sono tre monaci a cena e sono
qui non a caso. Da stasera inizieranno a officiare una Puja. Sono davvero molto
fortunata perché sono arrivata qui proprio in un momento propizio. Due volte
l’anno a Rigmo si officia una Puja, quando è il tempo di migrare e dagli alti
pascoli si comincia a scendere a Valle per l’inverno. Quindi si benedicono le
case, i sacchi si riso, la farina e le sementi, idem si fa quando dalla Valle
si ritorna in montagna in estate. Così di casa in casa, ogni sera si tiene una
Puja, finché tutto il villaggio sarà benedetto.
Questa cosa è davvero
autentica, rara e unica e sono davvero grata al karma di avermi concesso questa
opportunità. Decido di andare ad avvisare il gruppo di italiani che c’è questo
evento. Non possono perderselo. Quindi mi incammino verso il camp site. Trovo
Maria e la sua amica nella tenda cucina e le avviso.

La Puja viene officiata nel Dhukang della casa.
Qui ogni casa ha il suo piccolo Dhukang, con le statue delle divinità. I tre monaci
stanno salmodiando mantra e suonano cembali, gya-ling e tamburi officiando la
Puja.
Poco dopo le 20.30 arriva tutto il gruppo capitanato da Alessandro con la sua telecamera, offriamo loro del tea e pian piano si mettono in fila sulla porta ad assistere alla benedizione e alla preghiera.
Domani faranno un Cham, dicono intorno alle 10.00, e io non me lo voglio perdere per nulla al mondo. Anche il gruppo deciderà di fermarsi per assistervi.
8 novembre RIGMO (3641m) - CAMP SITE PHOKSUNDO (3900m) 4° GIORNO DI TREKKING 3 ore di cammino
Ci alziamo con calma per le 7.30 che già i monaci sono in preghiera.
Poco dopo le 20.30 arriva tutto il gruppo capitanato da Alessandro con la sua telecamera, offriamo loro del tea e pian piano si mettono in fila sulla porta ad assistere alla benedizione e alla preghiera.
Domani faranno un Cham, dicono intorno alle 10.00, e io non me lo voglio perdere per nulla al mondo. Anche il gruppo deciderà di fermarsi per assistervi.
8 novembre RIGMO (3641m) - CAMP SITE PHOKSUNDO (3900m) 4° GIORNO DI TREKKING 3 ore di cammino
Ci alziamo con calma per le 7.30 che già i monaci sono in preghiera.

Le danze Cham sono danze propiziatorie, meditazioni
in movimento che inscenano l’eterna lotta tra il bene e male in cui prevale
sempre il bene. Di solito raccontano la storia di un demone che si è
accaparrato potere e ha messo a ferro e fuoco il villaggio, arriva poi la
divinità buona e il maestro che in una lotta all’ultimo sangue riesce a
sconfiggere il demone e a riportare la serenità nel villaggio.
Verso le 10.00 arriva anche il gruppo di trekkers
e aspettano tutti con ansia l’inizio delle danze, mentre i monaci hanno già
iniziato la benedizione della maschera irata del Dharmapala, il protettore
della fede, che verrà indossata dal monaco officiante il Cham.
Intanto nel cielo volteggia un enorme rapace, mi dicono essere uno splendido esemplare di Gipeto Barbuto, che mi dicono abbia un’apertura alare di oltre due metri.
Intanto nel cielo volteggia un enorme rapace, mi dicono essere uno splendido esemplare di Gipeto Barbuto, che mi dicono abbia un’apertura alare di oltre due metri.
Qui in Nepal non finisco mai di imparare
cose nuove e ogni incontro che faccio sono sempre più convinta sia legato al
Karma.
Finalmente verso le 12.00 il Cham ha inizio. Il monaco è molto veloce e fugace, ma risulta essere comunque interessante assistere a un evento per nulla turistico come questo.
Finalmente verso le 12.00 il Cham ha inizio. Il monaco è molto veloce e fugace, ma risulta essere comunque interessante assistere a un evento per nulla turistico come questo.
Salutiamo i trekkers che sono sulla via del
ritorno e ci diamo appuntamento per il 13 a Kathmandu per una pizza da Fire and
Ice.
Io e Som, verso le 13.00 ci incamminiamo verso la Demon Trail per percorrerla fino all’alto passo in cima al Lago Phoksundo. Costeggiamo la riva del lago che con le sue acque cristalline si frange sulle pareti a picco sul lago. La Demon Trail è proprio abbarbicata in bilico tra precipizi e acque blu.
Io e Som, verso le 13.00 ci incamminiamo verso la Demon Trail per percorrerla fino all’alto passo in cima al Lago Phoksundo. Costeggiamo la riva del lago che con le sue acque cristalline si frange sulle pareti a picco sul lago. La Demon Trail è proprio abbarbicata in bilico tra precipizi e acque blu.
Il sentiero è molto stretto e in alcuni punti è davvero
impressionante come sia scavato nella roccia a picco sul lago, a tratti sale dolcemente
e a tratti è più ripido fino a poi scendere in una pineta in riva al lago,
attraversata la quale poi risale sassoso e ripido fino al passo, dove a 3900
metri di altezza sventolano al cielo le innumerevoli Dar Cho, le bandiere di
preghiera Tibetane. Arriviamo qui verso le 15.00 ma non rimaniamo in sosta più
di 10 minuti perché fa troppo freddo ed è un sacco ventoso, così tanto che si
fa fatica a star fermi a godersi il panorama del lago sottostante incoronato
dalle vette innevate che sui ergono sopra Rigmo. Io e Som siamo al settimo
cielo.
Siamo arrivati alla meta e ricordiamo tutti i bei momenti che abbiamo
condiviso in 5 anni di intensa amicizia: l’avventura a Gokyo, la salita al KalaPattar, le gioie e le difficoltà vissute insieme vicini vicini, sempre come
fratello e sorella. ”Me and you, always lost in the Himalaya!”
Alle 16.00 siamo già di ritorno, mentre i monaci
sono ancora immersi nella Puja e il monaco vestito da Dharmapala sta ancora danzando
dentro il Dhukhang. In cucina, la mamma Bon sta cuocendo il tibetan bread da
dare ai monaci e suo marito Sherpa sta preparando le Khata benedette in cui
mettere le offerte da dare ai monaci a Puja conclusa.
Mi affaccio alla porta del Dhukhang e mi rendo
conto che, stranamente rispetto a ogni altra Puja a cui ho assistito, i monaci
sono totalmente in trance per i vapori dell’alcool. Con Som abbiamo verificato
che si saranno scolati una caraffa di chang e una di rakshi a testa.
Impressionante. Tanto che lui mi fa: “this is not a normal puja, this is a
drunk puja”. Ceniamo e alle 21.30 andiamo a dormire, mentre i tamburi e i mantra
echeggiano ancora nelle pareti della casa facendoci da ninna nanna.
9 novembre RIGMO (3641m) - CHHEPKA (2720m) 5° GIORNO DI TREKKING 5 ore e 35 minuti di cammino
9 novembre RIGMO (3641m) - CHHEPKA (2720m) 5° GIORNO DI TREKKING 5 ore e 35 minuti di cammino
Dopo una buona colazione a omelette e chapati
fatto in casa, partiamo alle 8.15. Narendra ha sempre un passo invidiabile. Sto
ragazzo ha una forza fisica impressionante, lo vediamo perdersi all’orizzonte
col nostro saccone da 14kg sulle spalle.
Appena sopra Rigmo, dopo una bella salita di 45 minuti arriviamo al passo a 3727m alle 9.00 e qui inizia la ripida discesa su terreno sabbioso che per le 9.20 ci porta al primo step, dove ci si può sedere per 5 minuti a bere un po’ e a mangiarci un po’ di cioccolato.
Appena sopra Rigmo, dopo una bella salita di 45 minuti arriviamo al passo a 3727m alle 9.00 e qui inizia la ripida discesa su terreno sabbioso che per le 9.20 ci porta al primo step, dove ci si può sedere per 5 minuti a bere un po’ e a mangiarci un po’ di cioccolato.
Siamo veloci e
alle 10.00 siamo a Chunuwar. Da qui si entra in uno splendido bosco e tra un
passaggio in foresta e altro in coste a roccia, in continui saliscendi
proseguiamo fino a Renchi (3010m) dove arriviamo alle 11.00. Stiamo fermi per
due ore per pranzo, proprio dove ci eravamo fermati all’andata. La famiglia ci
cucina ottimi noodles fritti e stiamo a chiacchierare al sole e a goderci la
brezza fresca.
Il percorso da qui risale inesorabilmente in mezzo al bosco, il
sentiero sale in alto sopra il fiume e poi scende di nuovo facendo sì che il
tempo che ci si impiega al ritorno sia pressoché lo stesso dell’andata viste le
lunghe salite e le altrettanto lunghe discese. Ci si accorge che comunque si
sta scendendo per il fatto che la vegetazione cambia, si vedono di nuovo le
piante di bamboo, che in alto ovviamente non crescono.
Arriviamo a Chhepka
(2720m)alle 15.50 allo Yak Hotel dove ci accolgono con calore. Dopo esserci
dati una lavata alla fontana ci accomodiamo nella dining attorno al focolare con
tutta la famiglia a far veder loro le foto scattate durante il nostro trekking
in attesa che arrivi l’ora di cena. Un ottimo dhal bhat con curry di patate e
zucca ci aspetta. Qui la mamma è stata da noi eletta essere la cuoca migliore
della Dolpa. Cucina davvero da Dio. Dopo lunghe chiacchiere e risate, alle
21.30 andiamo nella nostra stanzetta con i poster di Bollywood e i letti di
casse di riso. A nanna.
10 novembre CHHEPKA (2720m) - DUNAI (2140m) 6° GIORNO DI TREKKING 3 ore e 45 di cammino
10 novembre CHHEPKA (2720m) - DUNAI (2140m) 6° GIORNO DI TREKKING 3 ore e 45 di cammino
Ci alziamo con calma alle 7.30.
Questo è davvero il trekking più pigro che ho fatto in Himalaya, in tanti anni non mi è mai successo di partire sempre così tardi. Dopo la colazione sempre a base di omelette e chapati partiamo alle 9.25 e dopo un bel saliscendi in mezzo al bosco arriviamo a Sanghta alle 10.00. Il percorso si snoda poi in un sentiero che passa per chilometri in una sterpaglia naturale di Marijuana, che cresce rigogliosissima per dispetto. Me ne accorgo non tanto con il senso della vista quanto con l’olfatto: “Som what’s this wonderful smell?” scoppiamo a ridere e facciamo un po’ di foto che mi riprometto di mandare a Carlitos, il nostro amico “hashish kanè manche” innamorato dell’Himalaya come noi.
Questo è davvero il trekking più pigro che ho fatto in Himalaya, in tanti anni non mi è mai successo di partire sempre così tardi. Dopo la colazione sempre a base di omelette e chapati partiamo alle 9.25 e dopo un bel saliscendi in mezzo al bosco arriviamo a Sanghta alle 10.00. Il percorso si snoda poi in un sentiero che passa per chilometri in una sterpaglia naturale di Marijuana, che cresce rigogliosissima per dispetto. Me ne accorgo non tanto con il senso della vista quanto con l’olfatto: “Som what’s this wonderful smell?” scoppiamo a ridere e facciamo un po’ di foto che mi riprometto di mandare a Carlitos, il nostro amico “hashish kanè manche” innamorato dell’Himalaya come noi.



Ceniamo e poi facciamo una passeggiata. Dunai sembra una città fantasma, tutto chiuso e tutto buio. Camminiamo sulla via principale un po’ sterrata un po’ no e ci sembra di stare in un film in bianco e nero. Dopo essere arrivati in fondo al villaggio torniamo indietro e andiamo a dormire alle 21.00.
11 novembre DUNAI (2140m) - JHUPAL (2475m) 7° GIORNO 4 ore a piedi, noi in jeep ci abbiam impiegato 1 ora e 30

12 novembre 8° GIORNO volo di 50 min JHUPAL - NEPALGUNJ e volo NEPALGUNJ -
KATHMANDU nel pomeriggio
Alle 6.30 siamo già all’ingresso dell’aeroporto con Narendra. Quando ci fanno entrare, lo salutiamo, lui ci regala un sacco di brown rice del Dolpo da 5kg, che ci era tanto piaciuto. Poi ci mettiamo in pista ad attendere che arrivi il twin otter della Tara a prenderci. Alle 8.40 l’aereo prende la sua goffa rincorsa sulla pista serrata e si lancia nel vuoto prendendo quota di fronte alle brulle colline di Jhupal.
Arriviamo a Nepalgung alle 9.30, ma non riusciamo a imbarcarci nel volo per Kathmandu delle 10.00. Dobbiamo quindi aspettare quello del pomeriggio che partirà alle 17.00. Usciamo dall’aeroporto e ci dirigiamo all’Himali Guest House dove ci ospitano volentieri in attesa del nostro volo. Ne approfittiamo per farci una bella doccia fredda e per lavarci bene i capelli che asciugheremo poi al caldo sole di Nepalgunj, poi nel pomeriggio alle 16.00 ci presentiamo in aeroporto dove per le 17.00 siamo già sull’ aereo seduti al nostro posto in attesa del decollo. Dal volo ci godiamo un tramonto strepitoso sul Manaslu rosa e viola coi suoi ghiacci all’orizzonte. Lasciamo l’Himalaya un’altra volta col sorriso sulle labbra e il cuore pieno di gioia.
Alle 6.30 siamo già all’ingresso dell’aeroporto con Narendra. Quando ci fanno entrare, lo salutiamo, lui ci regala un sacco di brown rice del Dolpo da 5kg, che ci era tanto piaciuto. Poi ci mettiamo in pista ad attendere che arrivi il twin otter della Tara a prenderci. Alle 8.40 l’aereo prende la sua goffa rincorsa sulla pista serrata e si lancia nel vuoto prendendo quota di fronte alle brulle colline di Jhupal.
Arriviamo a Nepalgung alle 9.30, ma non riusciamo a imbarcarci nel volo per Kathmandu delle 10.00. Dobbiamo quindi aspettare quello del pomeriggio che partirà alle 17.00. Usciamo dall’aeroporto e ci dirigiamo all’Himali Guest House dove ci ospitano volentieri in attesa del nostro volo. Ne approfittiamo per farci una bella doccia fredda e per lavarci bene i capelli che asciugheremo poi al caldo sole di Nepalgunj, poi nel pomeriggio alle 16.00 ci presentiamo in aeroporto dove per le 17.00 siamo già sull’ aereo seduti al nostro posto in attesa del decollo. Dal volo ci godiamo un tramonto strepitoso sul Manaslu rosa e viola coi suoi ghiacci all’orizzonte. Lasciamo l’Himalaya un’altra volta col sorriso sulle labbra e il cuore pieno di gioia.
NON C'E' FINE NE INIZIO, TUTTO E' IN DIVENIRE
Al Planet grande accoglienza, ceno con la tanto desiderata pizza di Amrit insieme al gruppone della Mandi Namaste, tra cui tra l’altro scovo un lontano parente. Il Nepal è Karmico e come sempre mi regala incontri magici e persone meravigliose. Mi preparo a godermi gli ultimi giorni in Valle, nella mia adorata Valle di Kathmandu, con i miei amici. Riuscirò anche a fare una bella Puja a Suryabiniakh, dove non ero mai andata, il tempio dedicato all’amore e ai matrimoni, il tempio dedicato a Shiva e a Ganesh e spero che la mia benedizione sarà propizia a tutti coloro a cui ho l’ho rivolta. Il giorno della partenza i ragazzi mi dicono tutti: "non piangerai vero Didi?"
Parto senza una lacrima, perché so che anche se sono lontana il mio cuore è sempre qui, tra le mie montagne, qui con il mio Brahmino e i suoi ragazzi, perché qui in Himalaya è la mia casa. Grazie Nepal!